
SANT'AGOSTINO
[borgo contemporaneo]


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SANT'AGOSTINO
RUGGERO I

LE TESTE DI MORO
Agostino nasce a Targaste nella Numidia, da Patrizio e Monica, il 13 novembre 354 d.c. Dopo la morte del padre nel 371 si reca a Cartagine per proseguire gli studi. Ed è qui che scopre, se non la vocazione religiosa, ancora pre matura, il germe che lo porterà a quello che poi lui è diventato. In quel periodo, a Cartagine, conosce una donna da cui nel 372 ebbe anche un figlio, Adeodato.
Lesse l'Hortensiusdi Cicerone, e ne fu particolarmente segnato, da li iniziò la sua costante ricerca della sapienza e mutò completamente la sua vita spirituale. Scriveva, rivolgendosi al Signore: “.........quel libro mi fece bramare la sapienza immortale, con incredibile ardore del cuore. Così cominciavo ad alzarmi e tornare a te”.
Un cammino difficile, complicato, faticoso. Le speranze terrene che fino ad allora lo avevano interessato, fra tutte, le ricchezze, la sua attività di studioso e insegnate e soprattutto la sua donna, un po' alla volta si allontanarono dai suoi pensieri. In primis la ricchezza, che non desiderò più, vivendo del necessario.
Nel 383 parte per Roma, per svolgere in condizioni migliori la sua attività di insegnamento: grammatica ed eloquenza. L'anno successivo si trasferisce a Milano, dove insegna retorica, ed è li che conosce il vescovo Ambrogio. A soli trent'anni sotto l'aspetto professionale aveva già ottenuto una brillantissima carriera. Ma non aveva ancora ottenuto quella pace interiore che cercava. Infatti il materialismo non lo aveva ancora abbandonato del tutto. Seguendo le prediche di Ambrogio, riconobbe che Gesù era Maestro e Salvatore degli uomini, ammettendo che le accuse, alla chiesa, da parte dei manichei, di cui era stato seguace, erano del tutto false.
Scriveva, sempre rivolgendosi a Dio:
“ Non potevo invocare le scuse di un tempo, quando solevo persuadermi che se ancora mancavo di spregiare il mondo e servire te, era colpa della percezione che avevo della verità ...”
Allontanatosi dai beni materiali, e trovata la verità che bramava, gli resta solo di staccarsi dalla sua donna, da quel “legame tenace” come lui stesso definiva.
Nel 386 decise così di abbracciare definitivamente, la fede Cristiana. Lasciò la moglie, e si dimise dall'insegnamento. Successivamente nel 387 riceve dal vescovo Ambrogio, a Milano, il Battesimo. Torna, quindi, in Africa. A Ostia, durante il viaggio, perde la madre.
Nel 391 ad Ippona, il vescovo Valerio, lo ordinò sacerdote, accettando l'ordine disse: “ il servo non può contraddire il padrone”. Fondò i primi monasteri e iniziò la collaborazione con lo stesso vescovo, ed è probabilmente in questo periodo che scrisse la Regola, una serie di norme comportamentali indirizzate a disciplinare la vita nei monasteri.
Nel 395 venne consacrato vescovo, e alla morte di Valerio ne prese il posto. Negli anni successivi si dedicò alla scrittura di numerosi e importanti saggi.
Muore a Ippona il 28 agosto del 430.
(fonte Carmelo Gambera)
Ruggero I di Sicilia, conosciuto anche come il Gran Conte Ruggero (Hauteville-la-Guichard, 1031 circa – Mileto, 22 giugno 1101), figlio di Tancredi d'Altavilla e fratello di Roberto il Guiscardo della dinastia degli Altavilla, fu il conquistatore e il primo Gran Conte di Sicilia (1062).
Ruggero si circondò di fedeli cavalieri normanni, come Giosberto de Luci, Roberto Borrello, il fratello Guglielmo d'Altavilla ma anche di collaboratori greci come Nicola di Mesa e Giovanni di Troina
Ruggero oltre che abile condottiero, fu infatti anche un fine diplomatico; appoggiò il papato e così riuscì a farsi nominare Gran Conte di Sicilia. Inoltre, riuscì a gettare le basi per un'organizzazione dello stato meno basata sui signori feudatari, ma su di una classe di burocrati formati da funzionari pubblici non legati all'aristocrazia e dove comunque la sua figura era quella che deteneva il potere assoluto.
Come sovrano cattolico fu fondatore di una serie di splendide cattedrali in Sicilia: a Troina, a Mazara del Vallo, a Paternò, a Modica, a Catania ed a Messina fra tutte. A lui inoltre si devono le fondazioni dell'abbazia della SS. Trinità di Mileto (1081) e dell'abbazia nullius Santa Maria V.G. e i XII Apostoli di Bagnara Calabra (1085).
Inoltre, durante il suo governo ebbe inizio l'attuazione di una seria politica di ripopolamento in ampie zone dell'isola, complice il matrimonio con l'aleramica Adelasia del Vasto, con un copioso afflusso di genti provenienti dal Piemonte, allora chiamato Langobardia, soprattutto dal Monferrato, ed in misura minore con genti di origine franco-provenzale, bretone, normanna e inglese.
Le popolazioni della parte settentrionale e centrale della Sicilia, dette Lombardi, che oggi parlano il cosiddetto idioma gallo-italico della Sicilia, fra cui San Piero Patti, San Fratello, Novara di Sicilia, Randazzo, Aidone, Piazza Armerina, Caltagirone, Nicosia, tanto simile alla lingua piemontese e così diverso rispetto al siciliano, discendono da questi flussi migratori dall'Italia settentrionale e dalla Francia iniziati in epoca normanna.
Ulteriori migrazioni furono provocate dalle repressioni attuate da Guglielmo il Malo contro queste città ribelli e dal loro ripopolamento con genti provenienti sempre dalla Langobardia.
(fonte web)
Intorno alla anno 1100, periodo della dominazione dei mori in Sicilia alla Kalsa, viveva una bellisima fanciulla dalla pelle rosea paragonabile ai fiori di pesco al culmine della fioritura e un bel paio di occhi che sembravano rispecchiare il bellissimo golfo di Palermo.
Ella viveva quasi in clausura, trascorreva le giornate coltivando e curando le piante del suo balcone. Un giorno passando per la Kalsa un giovane moro, vide la bella ragazza, intenta a curare le piante, ne rimase invaghito, decise di volerla per se, senza indugio entrò in casa della ragazza e le dichiarò il suo amore.
La fanciulla, colpita da tanto sentimento, ricambiò l’amore del giovane, ma quando seppe che il moro l’avrebbe lasciata per tornare nelle sue terre in Oriente, dove l’attendeva una moglie con un paio di marmocchi, attese le tenebre e non appena esso si addormentò lo uccise, gli tagliò la testa, ne fece un vaso dove vi piantò del basilico e lo mise in bella mostra fuori nel balcone.
Il moro, così, non potendo più andar via sarebbe rimasto sempre con lei. Intanto il basilico crebbe rigoglioso e destò l’invidia di tutti gli abitanti del quartiere che, per non essere da meno, si fecero costruire dei vasi di terracotta a forma di testa di moro -
(fonte web)